Giuseppe Carrus, Birra Puddu co-founder and beer expert, guides us in tasting our Birra Puddu craft beers: Golden Ale, Saison, Porter, IPA, Bitter
Giuseppe Carrus, Birra Puddu co-founder and beer expert, guides us in tasting our Birra Puddu craft beers: Golden Ale, Saison, Porter, IPA, Bitter
Sommelier e giornalista
Nato in Sardegna, Giuseppe è un sommelier e scrittore di enogastronomia che viaggia in Italia e nel mondo alla scoperta di vini, cantine e territori.
Per molti anni parte del comitato editoriale del Gambero Rosso, attualmente è il vicedirettore della guida del Gambero Rosso Vini d'Italia. Intrattiene diverse collaborazioni sia con riviste specializzate che con le scuole, dove insegna tecniche e metodi per la degustazione enogastronomica.
Con Alessandra, è il proprietario del CUCINA.eat di Cagliari, un concept restaurant, negozio e wine bar.
A Usini, nel Nord Ovest della Sardegna, la vitivinicola Chessa produce vini territoriali e sinceri. Le migliori espressioni arrivano dal Vermentino (in questo areale molto diverso dal resto dell’Isola) e dal Cagnulari, un vitigno autoctono che si trova solo da queste parti. E Giovanna Chessa, la titolare dell’azienda, riesce ad interpretarlo nel segno dell’eleganza e della finezza. Mettendo in bottiglia un rosso unico e vero testimone del terroir da cui proviene.
Giovanna ci accoglie in tarda mattinata nella sua abitazione, a Usini, dove al piano terra (qui ci si aspetterebbe una cucina rustica o la rimessa dell’auto) ci sono botti, tank in acciaio e attrezzature per la vinificazione. Tutto è pulitissimo, suddiviso in maniera impeccabile e col classico sentore di vino che contraddistingue tutte le cantine. “Questo è il mio regno - ci dice Giovanna - qui faccio tutto, la mia cantina è molto piccola.” Piccola, ma perfetta, accogliente, ordinata e col giusto occorrente per la vinificazione di quattro etichette, due rossi, un bianco e un vino dolce da uve Moscato appassite. Il resto del lavoro si fa in vigna.
Non a caso, poco dopo, Giovanna ci accompagna per i vari appezzamenti di proprietà, tra i filari appena vendemmiati… Passeggiamo per dolci colline, tra vigne con diverse esposizioni, impiantate su terreni molto poveri, ideali per la coltivazione della vite. Il microclima è unico, il vento accarezza sempre le piante, garantisce salubrità e una maturazione perfetta degli acini. Il sottosuolo fa il resto. In più il mare non è distante e le brezze salmastre, specie quando soffia il maestrale, incidono non poco sui grappoli e, di conseguenza, sui vini prodotti.
Si ritorna in cantina e l’assaggio inizia sotto i migliori auspici. Il Vermentino di Sardegna Mattariga è sapido, ha carattere, non cede in dolcezze e aromi tropicali, ma piuttosto offre note iodate e di elicriso. Poi c’è il Cagnulari, un’uva senza dubbio difficile da coltivare per certi versi. Ma, dopo tante vendemmie, Giovanna sembra aver trovato la ricetta giusta, specie per la perfetta epoca vendemmiale. Il suo è un Cagnulari di chiaro animo mediterraneo, ma la sua forza la mostra più sulla complessità aromatica che sul corpo e sulla struttura. Profuma di ciliegie e fragoline di bosco, la bocca ha buon nerbo acido che rende il sorso succoso e ritmico. Arriva il momento del Lugherra, l’altro rosso, frutto di un assemblaggio tra Cagnulari e altre uve tradizionali dell’Isola. Qui si avverte più struttura, la parte fruttata fa emergere i frutti neri maturi e in confettura. Anche al palato il corpo è maggiore: la morbidezza avvolge il palato e il finale è cremoso e denso. Concludiamo col Kentales, Moscato di Sardegna Passito. È un vino dolce che profuma di Sardegna, del suo sole, dei frutti gialli maturi, degli arbusti essicati d’estate. In bocca è dolce e sontuoso, mai stucchevole e dalla sapidità finale. Un vero esempio, anche quest’ultimo, di ciò che può dare un grande territorio del vino. Soprattutto se c’è un’interprete come Giovanna Chessa.
Sommelier e giornalista
Nato in Sardegna, Giuseppe è un sommelier e scrittore di enogastronomia che viaggia in Italia e nel mondo alla scoperta di vini, cantine e territori.
Per molti anni parte del comitato editoriale del Gambero Rosso, attualmente è il vicedirettore della guida del Gambero Rosso Vini d'Italia. Intrattiene diverse collaborazioni sia con riviste specializzate che con le scuole, dove insegna tecniche e metodi per la degustazione enogastronomica.
Con Alessandra, è il proprietario del CUCINA.eat di Cagliari, un concept restaurant, negozio e wine bar.
Di madre in vigna, recita il pay-off. Bello, semplice, d’effetto. Non ci piace però chiamarlo slogan richiamando un qualcosa che ha più aspetti di marketing e comunicazione. Di madre in vigna è la sintesi perfetta della storia di Antonella Corda, giovane produttrice di Serdiana. Una storia appena iniziata, che ha radici lontane. La madre di Antonella ha sempre avuto vigne, grazie a suo padre, grande imprenditore agricolo, che più di ottanta anni fa diede vita a un progetto vitivinicolo che ha dato lustro all’economia di un territorio intero. La conduzione delle vigne e la produzione di uve di qualità, atte a fare grandi vini, è sempre stato il lavoro di famiglia. Ma è con Antonella che qualcosa è cambiato. Trasformare quelle uve in bottiglie, grandi bottiglie. Etichettarle col proprio nome, mettere un tappo, e mandarle ovunque nel mondo, come ambasciatrici del terroir di Serdiana, a cui Antonella crede molto. È così che nel 2016, prima vendemmia ufficiale, escono sul mercato tre vini. Un Vermentino, un Cannonau di Sardegna, un Nuragus di Cagliari. Finezza, eleganza, grande bevibilità sono le caratteristiche che devono avere i vini e tutto deve esaltare le varietà utilizzate, il clima che dà vita alle piante, il suolo che nutre i tralci. Facile fare un buon vino di questi tempi, difficile riuscire a farlo con certe peculiarità. Antonella c’è riuscita, fin dalla prima vendemmia. Si è affidata a uno staff tecnico di alto livello, ha lavorato sodo e, complice un millesimo particolarmente fortunato ha messo sul mercato tre fuoriclasse. A tal punto che il Cannonau di Sardegna ’16 conquista subito gli assaggiatori di Vini d’Italia del Gambero Rosso che assegnano al vino i Tre Bicchieri, massimo punteggio della Guida. Ma non è tutto. La bontà del vino e della gamma intera portano la cantina Antonella Corda a ricevere il riconoscimento di Cantina Emergente dell’Anno, uno degli 11 Premi Speciali che la pubblicazione assegna ogni anno. La soddisfazione è tanta, l’emozione di Antonella va oltre ogni limite. Ma questo è solo l’inizio… Qual è il grande valore dei vini firmati Antonella Corda fin dalle prime vendemmie? Hanno radici antiche ma sono vini assolutamente contemporanei. Il Vermentino è fresco, salino, di buona aromaticità come il vitigno sa essere, ma dalle beva saporita e mai stancante. Il Nuragus è sottile, profondo, snello, elegantissimo. Il Cannonau, infine, rappresenta un modello. Un modello per cui, forse a dispetto del nome, l’uva riesce a regalare leggiadria, bevibilità ed eleganza. Un carattere mediterraneo certo, ma mai pesante, alcolico o difficile da bere. Casomai succoso e saporito, fresco e dai profumi di rosa e piccoli frutti di bosco. Così deve essere un Cannonau. Così riesce a parlare dell’uva, del territorio che gli dà vita e della mano dell’uomo che completa il lavoro. Brava Antonella, avanti così!
Di recente abbiamo riassaggiato i tre diversi vini, nelle diverse annate finora prodotte e una grande novità. Ecco i nostri appunti di degustazione sulle bottiglie più convincenti…
- Cannonau di Sardegna 2016
Una meraviglia. A distanza di tre anni il vino rivela ancora cenni di assoluta gioventù, col naso che regala profumi di ribes, fragolina e rosa. Bocca di grande freschezza, sapida, croccante nella beva, profonda e dal finale pulitissimo.
- Cannonau di Sardegna 2017
Un’annata più calda della precedente che offre profumi di prugna e mora, spezie e un tocco di tabacco. La bocca avvolge, è calda, ma mai pesante, si avverte un pizzico di tannicità in più dovuto alla gioventù del vino. Già piacevole, sarà interessante riprovarlo fra qualche tempo.
- Nuragus di Cagliari 2016
Chi ha detto che il Nuragus non invecchia? Gli scettici provino ad assaggiare questo vino. pofumi di frutto bianco e cenni di resine nobili anticipano una bocca sottile e profonda, dall’acidità ben integrata e dal finale salino.
- Nuragus di Cagliari 2018
Ancora un bambino, ma sembra ricalcare l’annata 2016. Il millesimo non è stato particolarmente fortunato specie per quantità di uve prodotte, ma quelle portate in cantina da Antonella sembrano di altissimo livello. Fiori bianchi, tocco di anice e una bocca cristallina da quanto è pulita.
- Vermentino di Sardegna 2017
Iniziano a comparire i primi profumi terziari per il vino ottenuto unicamente da uve vermentino, varietà aromatica che regala sentori di frutto giallo, fiori di campo e spezie dolci. La bocca è avvolgente, calda, ma attraversata da un bel tocco acido che ravviva la beva.
- Ziru – IGT Isola dei Nuraghi 2017
La novità in casa Corda è data da un bianco da uve vermentino affinato in anfora. La macerazione sulle bucce in più caratterizza il vino che fin da subito stupisce per profumi e complessità. Fiori gialli, un tocco di foglie secche, scorza di limone candita e cera d’api sono solo alcuni cenni sentiti al naso. La bocca è sapida, scorrevole, leggermente tannica ma mai amara, lunga, profonda, saporita e di una beva sconvolgente. Complimenti davvero!
Sommelier e giornalista
Nato in Sardegna, Giuseppe è un sommelier e scrittore di enogastronomia che viaggia in Italia e nel mondo alla scoperta di vini, cantine e territori.
Per molti anni parte del comitato editoriale del Gambero Rosso, attualmente è il vicedirettore della guida del Gambero Rosso Vini d'Italia. Intrattiene diverse collaborazioni sia con riviste specializzate che con le scuole, dove insegna tecniche e metodi per la degustazione enogastronomica.
Con Alessandra, è il proprietario del CUCINA.eat di Cagliari, un concept restaurant, negozio e wine bar.
Se dovessimo tracciare due diagonali da nord a sud della Sardegna, queste si incrocerebbero esattamente nella subregione del Mandrolisai. Un’area bellissima collinare e montuosa, dove la macchia mediterranea si alterna al bosco e alle pareti rocciose di pietre granitiche. Percorrendo le strade che vanno Atzara a Meana, da Sorgono a Ortueri (i quattro paesi principali della zona) si scorgono di tanto in tanto le vigne rigorosamente racchiuse da muretti a secco. Piccoli alberelli (un sistema di allevamento della vite da sempre diffuso in Sardegna), con i tronchi grossi e robusti, a debita distanza tra di loro. Piante molto vecchie, alcune centenarie, per natura molto poco generose nel produrre una buona quantità di grappoli, ma ideali per offrire una altissima qualità di uva che diverrà mosto e poi vino. I vitigni sono tre, Cannonau, Bovale e Monica. Sono le varietà che troviamo nelle vigne (qui già da tempo i vignaioli progettano l’impianto dei vigneti in modo che ci sia la giusta proporzione tra i vitigni) e che ritroviamo nel vino. Si, perché Mandrolisai è il nome del vino, oltre che il nome del luogo. Un vino composto esattamente dalle stesse uve, molto spesso usate nelle medesime percentuali a seconda del vigneto scelto. Il cannonau da morbidezza e avvolgenza, il bovale aggiunge la percezione tannica e i profumi speziati, la monica completa con un tocco di freschezza e sapidità. Un’armonia perfetta tra le uve che sintetizza l’armonia che troviamo se osserviamo le vigne. Il territorio in bottiglia non manca di certo ed è accentuato dalle altitudini dei filari, sopra i 600 metri, percepibili attraverso dei vini dalla fresca acidità, ideale per equilibrare corpo e struttura dei grandi vini mediterranei, del Sud Italia. Ecco perché non abbiamo paura a definire i vini del Mandrolisai grandi vini di terroir (nonostante il termine sia, ahinoi, molto abusato): qui non c’è bisogno di citare le uve, qui non c’è bisogno di parlare di tecnica in cantina, qui non c’è bisogno di usare aggettivi molto di moda negli ultimi anni per far capire il valore artigiano delle produzioni. Basterà semplicemente parlare di Mandrolisai. E come le grandi denominazioni vitivinicole sono conosciute in tutto il mondo per il solo nome della zona, anche qui – se tutti ci credono – basterà chiedere il Mandrolisai e da Tokyo a San Francisco ci sarà dato lo stesso bicchiere di vino. Un bicchiere che parla di un luogo, della sua cultura, delle sue tradizioni, delle persone che lo abitano.
Di recente abbiamo assaggiato tre diversi Mandrolisai che ci hanno davvero sorpreso. Ecco i nostri appunti di degustazione.
- Mandrolisai Sup. Kent'Annos Gold ’13 – Cantina del Mandrolisai
È il vino di punta della cantina cooperativa che riunisce decine di soci che lavorano esclusivamente vigne nel Mandrolisai. Il Kent’Annos Gold profuma di ciliegia sotto spirito e prugna, sottobosco e resina. La bocca è avvolgente e morbida, il sorso è cremoso e di ottima profindità. Ideale con formaggi stagionati e carni rosse in umido.
- Mandrolisai Pareda ’15 – Meana Terre del Mandrolisai
Piccola cantina privata di proprietà di tre soci. Vecchie vigne e un fare artigiano in cantina portano al Pareda, un classico nella sua tipologia. I profumi di ribes e spezie anticipano una bocca scorrevole, molto sapida, attraversata da una freschezza balsamica che riesce ad equilibrare bene il corpo del vino. Da abbinare con pecorino giovane e carni bianche.
- Mandrolisai Azzara ’16 - Fradiles
Paolo Savoldo è un bravo vignaiolo e interpreta il territorio del Mandrolisai alla perfezione. L’Azzara ’16 è il vino più giovane della gamma, vinificato col solo uso dell’acciaio per far apprezzare tutte le caratteristiche legate alle tre varietà che compongono il blend. Piccoli frutti rossi, un tocco floreale, una bocca dinamica e scorrevole per un vino dalla beva fantastica. Perfetto con tartare di manzo.
Sommelier e giornalista
Nato in Sardegna, Giuseppe è un sommelier e scrittore di enogastronomia che viaggia in Italia e nel mondo alla scoperta di vini, cantine e territori.
Per molti anni parte del comitato editoriale del Gambero Rosso, attualmente è il vicedirettore della guida del Gambero Rosso Vini d'Italia. Intrattiene diverse collaborazioni sia con riviste specializzate che con le scuole, dove insegna tecniche e metodi per la degustazione enogastronomica.
Con Alessandra, è il proprietario del CUCINA.eat di Cagliari, un concept restaurant, negozio e wine bar.
Vino e ingredienti direttamente dalla Sardegna!
Conoscete la Sardegna, l'isola italiana nel Mar Mediterraneo? A solo un'ora di aereo da Roma, l'isola è conosciuta principalmente come un luogo di lusso per celebrità.
Un giorno, un grande pacco è arrivato tramite DHL dalla Sardegna. Il mittente era Marta Sanna, amministratrice della società "Sardegna Mia" specializzata nella commercializzazione di prodotti alimentari sardi. Sei mesi fa l'ho incontrata a un evento culinario e quando le ho fatto delle domande sulla Sardegna lei mi ha risposto "mi piacerebbe che facessi conoscere il cibo e i vini sardi ai Giapponesi tramite Media Rocket". La Sardegna è in qualche modo diversa dall'Italia continentale, ha una propria storia e cultura, il vino è delizioso ed è anche una fonte preziosa di nuovi prodotti alimentari. Così la mia risposta è stata "OK, certo!" E il pacco è stato spedito. Quando l'ho aperto...
Wow! Stupefacente! Tante cose...7 bottiglie di vino rosso e bianco, vini liquorosi, distillati e liquori, diverse paste corte, qualcosa come cracker di riso essiccato, formaggi, olio extra vergine di oliva, aceto balsamico, diverse varietà di miele, sali aromatizzati, creme di verdura spalmabili...Prima di tutto, sono sopraffatta dalla varietà di prodotti, è davvero impressionante. Vino e formaggio sono facili, so come mangiarli, ma come fare con i prodotti che non ho mai visto prima? "Come li mangiate?" Due settimane dopo, Marta è arrivata nuovamente a Tokyo e ha organizzato una festa con degustazione di cibi e formaggi sardi. Abbiamo deciso di partecipare per capire prima di tutto "come mangiare" questi ingredienti sconosciuti!
Prima di tutto sono impressionata dal fatto che questo cibo è "pronto da mangiare", non è necessario cucinarlo! Il 6 novembre siamo andati al ristorante italiano "Teatro Acca", vicino al tempio Kotokuji. Hanno aperto solo un anno fa, ma, come confermato dal proprietario Hara Fumihito, uno chef abile e rispettabile, hanno già molti fan. Oggi il ristorante è affollato da un mix di clienti abituali, ospiti dell'industria alimentare e dei media.
Questa volta Marta è venuta in Giappone con il suo amico Giuseppe Carrus, co-direttore della Guida del vino Gambero Rosso.
Così ho chiesto a Marta di spiegare come mangiare il cibo sardo. Ci sono due tipi di pane secco che possono essere considerati "qualcosa come cracker di riso": il "Biscottadu", più spesso, e il più tradizionale e sottile, chiamato "Carasau". Il pane è molto comodo da conservare con la sua lunga scadenza di 12 mesi.
Poi ho provato quello che sembrava il cibo più popolare al party: una crema vegetale in barattolo di vetro. È una pasta di verdure cremosa con sale e olio extravergine di oliva, in due versioni, asparagi selvatici e carciofi. E' deliziosa semplicemente spalmata su un pezzo di pane secco e mangiata!
Di solito non vediamo molte creme vegetali in Giappone, ma queste possono essere usate non solo come crema spalmabile ma anche come salsa per la pasta e condimento. Essendo molto facile da conservare, se hai del pane secco e la crema di verdure a casa puoi preparare un antipasto perfetto, utile anche quando non puoi fare shopping o non hai tempo per cucinare.
E formaggio!
In Sardegna il formaggio di latte di pecora, mucca e capra è ampiamente prodotto. Questa volta abbiamo provato diversi tipi di pecorino (formaggio di latte di pecora). Il mio preferito è "Zinnibiri", di tipo morbido e leggermente dolce. La pasta presenta dei buchi e non l'avevo mai provato prima.
L'aceto balsamico sul formaggio è BUONO!
Capisco l'olio di oliva, ma non so bene come usare l'aceto balsamico.
Quindi, quando ho chiesto a Marta "Come usi il balsamico?" lei mi ha suggerito di provare con il formaggio. Non appena l'ho provato, l'ho trovato delizioso! Questo aceto balsamico ha un ricco sapore fruttato. Poiché la combinazione di formaggio e miele è piuttosto nota, ho provato tutti i tipi di miele. Il più insolito era "Corbezzolo amaro". Anche la pasta di miele e nocciola era così naturale, un sapore che difficilmente si può trovare in Giappone.
Karasumi dalla Sardegna e frutti autunnali in Giappone!
La Sardegna e il Giappone hanno in comune l'abitudine di mangiare la bottarga (uova di muggine). Lo chef Hara-san ha preparato un piatto che combinava "kaki" e "fichi" con la bottarga sarda. La bottarga, con il suo forte sapore salato, è anche perfetta abbinata al vino bianco minerale sardo.
Pane croccante, crema vegetale, formaggio, miele, olio extravergine di oliva, aceto balsamico, sale aromatizzato, bottarga. Sono sorpresa che possiamo avere tutti questi snack e aperitivi semplicemente combinando vino e vari tipi di cibi secchi che possono anche essere conservati per lungo tempo. È interessante perché sono facili da preparare e puoi gustarli anche da solo. La cultura dello "spuntino aperitivo" non è comune in Giappone, ma penso che non sia solo buona, ma anche molto comoda e creativa. Voglio davvero importare questa cultura in Giappone. E spero che sarà facile comprare questi alimenti eccellenti commercializzati da Sardinia Mia in Giappone.
Scrittrice, Editrice
Nata a Fukushima, Hitomi è una esperta di social network services, imprenditrice e scrittrice.
Autrice di numerosi libri sui social media, best sellers in Giappone, è anche una blogger e conferenziera internazionale. Il suo forte interesse per l’enogastronomia l'ha portata a fondare nel 2017 Media Rocket, una rivista online e blog su vino e cibo del mondo. Attualmente sta approfondendo i suoi studi sul vino attraverso la partecipazione al programma WSET (Wine & Spirit Education Trust).